“Ritornare al Cross”: una Domenica Particolare Vissuta a Brescia da Francesco Puppi

Pubblicato: Giovedì, 11 Febbraio 2021

Con il Cross del Parco delle Cave di domenica scorsa a Brescia l’atletica lombarda è tornata a vivere una corsa campestre: non accadeva da 357 giorni, dal 16 febbraio 2020. Un successo organizzativo “firmato” dal Comitato Provinciale FIDAL Brescia, dall’Atletica Cellatica, dall’Atletica Rodengo Saiano Mico e dallo SC Brescia Liberavventura, con il patrocinio del Comune di Brescia che ha messo a disposizione il parco cittadino, ma anche un momento intimamente profondo che gli atleti che hanno preso parte alla prima prova regionale dei Societari della specialità, la più ancestrale dell’atletica leggera ma anche quella che più di tutte è rimasta fuori dai calendari a causa del coronavirus. Per raccontare le sensazioni del ritorno a fango, freddo e fatica ci affidiamo alla penna del vincitore della gara Seniores/Promesse uomini Francesco Puppi (Atl. Valle Brembana), non solo eclettico atleta delle lunghe distanze ma anche firma già nota ai lettori del nostro sito e della rivista FIDAL Lombardia Voglia di Atletica.

 

Indossare le scarpette chiodate è un gesto che mi fa sentire bene. Per uno come me, che non è mai stato particolarmente veloce né talentuoso, è un modo per sentirmi simile al quel tipo di atleta a cui vorrei assomigliare. Se la notte sogno, sogno di essere un sub 4’ miler. Non come Montale che sognava di essere un maratoneta. Vorrei essere sub 4’ miler con le chiodate: inanellare 4 giri consecutivi da 57 secondi e pochi decimi e chiudere in 3:52.00. A quel punto, forse, mi ritirerei dall’atletica felice e soddisfatto della mia carriera.

Domenica pomeriggio, a Brescia, attorno a un lago artificiale ricavato da una ex cava di sabbia, ho rimesso le chiodate dopo oltre un anno. È stato un momento importante, fosse anche solo per quello: la pandemia, il lockdown, le restrizioni, sappiamo tutti quanto ci siano mancate le nostre attività, e con esse la straordinaria normalità che ci regala lo sport.

I cross mi sono sempre piaciuti per varie ragioni. Un classico punto di incontro di specialità, un melting pot di atleti. Un territorio di fatica e scomodità che chi ha pazienza e coraggio abbastanza impara a conoscere ogni volta che ci si inoltra, traendone lezioni importanti.

Anche la monotonia a volte può essere imprevedibile. Uno dei pochi aforismi che ricordo cita pressappoco così: “Non c’è niente di più noioso delle persone imprevedibili: sai già in anticipo che faranno qualcosa che ti sorprenderà”. Ripetere non è da sfigati. C’è qualcosa di non banale, che suscita il mio interesse, nel correre su un anello, che sia una pista o il percorso di una campestre. Giro piccolo, giro medio, giro grande. Magari con anche la variante.

Domenica i giri previsti per l’ultima gara in programma (la prova Seniores/Promesse) alla quale ero iscritto erano quattro. Le altre non ho avuto il tempo né la possibilità di osservarle e approfondirle quanto avrebbero meritato, al di là delle fredde classifiche. Avrei voluto altrimenti mettermi lì sulla linea di arrivo e fare i complimenti a tutti gli atleti, ognuno venuto a cercare qualcosa di simile a quello che ho sperimentato io. O magari a non cercare nulla, perché uno mica deve sempre avere un motivo per fare le cose. Ma che in ogni caso quel traguardo lo hanno tagliato.

Nei cross non si parte mai piano abbastanza. In effetti il primo giro è stato davvero veloce e denso di sorpassi. A un terzo di gara invece le posizioni si delineano con maggior precisione e si prende quel ritmo, scomodo e sostenuto, che cercavo di descrivere prima.

L’ultimo giro siamo rimasti soli io e il mio compagno di squadra Pietro Sonzogni. Che è un atleta che fisicamente non potrebbe essere più diverso da me, ma che per storia personale e caratteristiche mi si avvicina più di tanti altri. Nonostante il terreno reso pesante dalle abbondanti piogge dei giorni precedenti, abbiamo mantenuto un buon ritmo. Le chiodate facevano un’ottima presa, anche nel tratto di ripida discesa seguito da una curva secca in cui ho temuto di staccarmi. Stavo davvero faticando, ma poi mi sono concentrato sul correre nella maniera più sciolta e decontratta possibile. Come un raggio di luce (ma non altrettanto veloce!), che segue il cammino ottico che richiede il tempo più breve per andare da un punto all’altro. La natura cerca sempre il modo più economico, meno dispendioso in termini energetici per fare le cose: spesso ce ne dimentichiamo.

Forse in questo modo sono arrivato a tagliare il traguardo per primo. Non perché io sia il migliore tra gli atleti che hanno corso con me, ma semplicemente perché quel giorno sono stato il più veloce, per dirla con parole prese in prestito da uno che stimo, Gelindo Bordin. La prossima volta, se la rifacciamo, cambia tutto!

Francesco Puppi

FOTO di Davide Vaninetti: in alto Francesco Puppi, in home Giulia Zanne (vincitrice della gara Seniores/Promesse femminile).

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